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di Massimo Biliorsi
«La Nazione – Agenda Siena», 19 luglio 2017

Si dovrebbe cominciare affermando che, dopo anni di puntigliose ricerche e di tante esecuzioni, La Serpe d’Oro, da anni nel mondo della musica popolare, offre finalmente il frutto del proprio lavoro e della riuscita ispirazione con un nuovo lavoro discografico intitolato «Toscani randagi» ovvero «Canti d’amore, rabbia e osteria». Tutto vero, ma non farebbe trasparire tutto il divertimento che c’è stato, sera dopo sera, nel riportare alla luce questi canti di una terra frastagliata, ricca di eccessi, di passioni e di sostanza poetica. Allora andiamo al cuore della notizia dicendo che è un assoluto divertimento, fortunatamente aperto a ogni età, ascoltare i piccoli quadri che escono dal disco, dall’originale di «Mamma non mi manda’ fori la sera» a «Storia del 107», fino all’epica «Il tragico naufragio del vapore Sirio», allo strazio infinito di «Maremma amara» e all’esplosione di «Eccolo maggio».

Questa è la ricchezza di La Serpe d’Oro che più che un quartetto un unico modo di sentire il sapore la Toscana, acerba e aspra, eppure ricca di ricami per arrangiamenti che non vogliono inutili orpelli e che invece riportano i brani alla loro originale scarna bellezza. Un disco destinato a restare e che non può mancare sugli scaffali di chi ama ricordare il passato per meglio attendere il futuro. Con La Serpe si spalanca una finestra sulla Toscana in quelle mattine assolate che ti fanno socchiudere gli occhi, magari in primavera, e le note sanno di cipolla e rosmarino, con alle spalle quei cantori anonimi che cedettero il passo a Caterina Bueno, a Daisy Lumini, a chi seppe fermare sui primi microsolchi quello spirito accesso da una toscanità alla quale, questi quattro artisti, non vogliono certo rinunciare. C’è tempo per lo spirito ridanciano di «La leggera», qui in tutta la sua coralità di canto di viaggio, e alla spontanea crudeltà popolare di «Il figliol di Sbiloncolo di Valle». E se vi capita ascoltateli dal vivo, dove offrono il meglio del loro spirito. Viva La Serpe d’Oro e viva quel venticello di primavera che qui spora sempre sottile, uscito da chissà quale caverna collegata con un buon inferno, quello dove i toscani vanno tranquilli, sapendo di trovarci molti dei loro antenati.